Fin da quando è nato (più o meno di pari passo con il cinema), il documentario è sempre stato mosso dalla curiosità e dal desiderio di informare. Tuttavia l’argomento è vasto e in costante evoluzione, perché cambia forma nel corso del tempo. Nel documentario tradizionale, la macchina da presa è l’occhio dello spettatore. Attraverso il documento filmato, gli spettatori vivono un’esperienza come se fossero lì in prima persona. Oggi il film documentario si è evoluto abbracciando numerosi stili diversi, nuove tecnologie audiovisive e nuove modalità narrative. Anche le nuove possibilità di fruizione del prodotto hanno cambiato le regole del gioco: videocamere e smartphone di ultima generazione hanno abbassato i costi di realizzazione, mentre l’avvento di internet e delle piattaforme streaming on-demand ha rivoluzionato e arricchito la distribuzione a livello globale, rendendola più competitiva. A prescindere a tutti questi cambiamenti, però, ci sono alcuni elementi della realizzazione di un film documentario di qualità che restano importanti.
Gli aspetti da curare sono fondamentalmente due, riassumibili nei concetti di “sostanza” e “forma”: in assoluto, l’elemento determinante è sempre l’idea di partenza (la sostanza), perché una bella storia, per quanto piccola o semplice, vince sempre. Il resto lo fa la forma, cioè la tua abilità di documentarista: il successo del tuo prodotto dipenderà molto anche dallo stile e dal modo in cui racconterai quella storia.
Ricerca, ricerca, ricerca
La fase iniziale è, naturalmente, quella in cui si buttano giù le idee e si compiono piccole e grandi scelte creative. Non sottovalutare mai la documentazione: quando si comincia a sviluppare un progetto la ricerca è tutto, o meglio, è la base che consente di avere una conoscenza della materia tale da poterne parlare senza apparire superficiali e di dare al prodotto una struttura coerente. Serviranno dati, storie, immagini, esperti del tema, aneddoti e curiosità.
Il punto non è solo documentarsi e cercare fonti e materiale, attività certamente fondamentali per produrre contenuti belli e accurati, ma anche mettersi in discussione: farsi un’idea dell’argomento e averne un’opinione, poi provare a smontarla e a mettersi nei panni dei detrattori delle nostre tesi.
Approfondire l’argomento che vuoi trattare non solo ti permette di scoprire informazioni che non conoscevi, ma ti mette in condizione di prevedere le critiche che il tuo lavoro potrebbe ricevere e di saperti difendere. Esplorare punti di vista diversi dal tuo ti consente invece di trovare la giusta prospettiva da cui raccontare e ti evita di scadere nella banalità.
Originalità e unicità
Essere originali è un imperativo, specialmente in un mercato dove i film documentari abbondano. Pensa sempre al pubblico che hai in mente di raggiungere e mettici del tuo, rimanendo fedele a te stesso e al tuo stile: in certi casi, a seconda del tema che affronti, il tuo punto di vista deve emergere. Inoltre, mostrando nozioni trite con tecniche narrative tradizionali, rischieresti di annoiare lo spettatore e il tuo non sarebbe che l’ennesimo prodotto nel mucchio. È fondamentale scegliere la storia giusta e capire come tenere l’attenzione del pubblico.
Intrattenere non è un’eresia
Siamo abituati a identificare i documentari con contenuti istruttivi, più raramente li associamo all’intrattenimento. Quindi come si fa a tenere gli spettatori incollati allo schermo? Secondo Michael Moore, la prima regola per realizzare un film documentario è non realizzare un documentario. Quella del premio Oscar è naturalmente una provocazione, ma si riferisce a un fatto importante, che denota forse un cambiamento dei desideri dell’audience: per fare la differenza, coinvolgendo davvero il pubblico, il documentario non può prefiggersi l’obiettivo di impartire una lezione. Non è questo che le persone cercano: la gente vuole essere informata e intrattenuta allo stesso tempo. Solo così, dice Moore, sarà invogliata a guardare. Per quanto la tematica che si vuole trattare possa essere complessa o importante, quindi, il prodotto finale deve risultare godibile o non resterà impresso a nessuno.
Avere coraggio
Riprendiamo un’altra delle regole di Moore (ne ha stilate ben 13), applicabile soprattutto a documentari narrativi, inchieste e reportage, ma anche a profili biografici o avvenimenti storico-politici: avere il coraggio di fare i nomi, raccontare i fatti per quanto scomodi, andare a intervistare i “cattivi” e far sentire la propria voce anche sapendo che potresti andare incontro a critiche o malcontento, non è soltanto il modo migliore per confezionare un documentario di successo, ma è (o dovrebbe essere) la ragione ultima che ti spinge a voler raccontare qualcosa.
Se senti di avere le giuste capacità, più avanti puoi provare ad applicare il concetto di coraggio in modo trasversale, esplorando nuove possibilità creative anche nella fase delle riprese e in quella di montaggio e post produzione. Un esempio (forse poco virtuoso dal punto di vista cinematografico, ma molto originale e potente nella trasmissione del messaggio) di esplorazione di nuove forme narrative, a testimonianza della continua trasformazione del genere è quello di “American Murder” di Jenny Popplewell, dove le sovrastrutture del documentario tradizionale vengono meno: niente voce narrante, nessun elemento “esterno” alla vicenda se non il montaggio e la postproduzione: sono i filmati originali da soli, da quelli presenti sui social a quelli della polizia, a costituire il voyeuristico true-crime che ha sconvolto molti spettatori.
Saper scrivere e saper fare le giuste domande
Proprio come per il cinema di finzione, una sceneggiatura ben confezionata e solida gioca un ruolo chiave per la qualità del prodotto finale. Semplificando all’estremo, sceneggiare significa saper tradurre le immagini in parole e, se la tua opera prevede scene recitate da attori, occuparti della scrittura dei dialoghi. Molto spesso il documentario prevede un narratore che spiega, argomenta e contestualizza, quindi scrivi con cura i testi che dovranno essere recitati dalla voce fuori campo. Un altro aspetto da curare nel dettaglio sono le interviste: scegli con attenzione le persone da interpellare, assicurandoti di avere abbastanza punti di vista diversi; poi prepara le domande giuste: le probabilità di ottenere risposte interessanti dai tuoi interlocutori aumenteranno.
Note tecniche
Per semplificare il lavoro che ti aspetta, non puoi prescindere da aspetti tecnici e burocratici quali la selezione dei tuoi collaboratori, la scelta delle location, la costruzione di un set (se necessario), il casting di eventuali attori (ad esempio nel caso di una docu-fiction) e così via.
Per quanto riguarda le location, assicurati di avere i permessi necessari (se richiesti) e fai delle prove per avere la luce che desideri; per quanto riguarda invece le persone che intervisterai, abbi cura di prendere un appuntamento, munisciti di liberatorie e raccogli qualche informazione su di loro per andare a incontrarle con un minimo di preparazione.
Riassumendo quanto detto finora, in questa prima fase avrai bisogno di:
- un’idea ben strutturata, originale e coraggiosa;
- materiale utile (filmati, fotografie, contatti delle persone da intervistare);
- una sceneggiatura di qualità e domande efficaci per le interviste (se puoi, realizza anche uno storyboard);
- eventuali permessi e autorizzazioni.
Le riprese
Avere lavorato bene nella fase precedente facilita non poco il momento delle riprese, che a seconda del progetto possono durare giorni o anche settimane. Risolti tutti gli aspetti tecnici e con le idee chiare su come procedere, a questo punto non resta che imbracciare la videocamera e cominciare a filmare.
Se la tua sceneggiatura prevede molte riprese in esterna, prediligi attrezzatura leggera e compatta (se sei un videomaker alle prime armi, a questo articolo trovi qualche spunto utile); nei casi più estremi, come luoghi particolarmente difficili da raggiungere o persone che potrebbero non avere molta voglia di parlare con te (ebbene sì, nei reportage più “scomodi” può succedere di dover insistere un po’), potresti anche valutare di servirti di uno smartphone con una buona videocamera.
Le riprese sono il momento in cui mettersi alla prova e dimostrare di essere veri documentaristi, di avere cioè le capacità creative di un bravo regista ma anche quelle tecniche di un operatore video, quindi di saper realizzare inquadrature adatte allo scopo, suggestive e che già da sé veicolino un messaggio o uno stato d’animo. Cura bene la fotografia, aspetto fondamentale specialmente se è un documentario naturalistico o se tratta temi culturali o di rilievo artistico. In ogni caso ricorda che, per quanto la luce e i colori possano essere corretti in fase di editing, un occhio attento noterà se un’inquadratura non è fatta bene.
Se, una volta spenta la videocamera e rivisto tutto il girato, ritieni di avere abbastanza materiale e soprattutto di avere ciò che serve per coinvolgere ed emozionare lo spettatore, allora ci siamo: è tempo di entrare in studio di montaggio.
Il montaggio audiovisivo
Considerata l’evoluzione del genere documentario negli ultimi anni e quella dei software per l’editing, in post produzione puoi davvero sbizzarrirti. Oltre a selezionare, comporre e correggere le immagini, rifletti sulla tecnica di montaggio che userai: come saprai, anche quella veicola un messaggio e uno stato d’animo.
Audio, voce fuori campo e musica
Guai a trascurare l’audio, sia dal punto di vista tecnico che da quello creativo: è un elemento importantissimo per la buona qualità del tuo prodotto. Se il tuo film documentario prevede una voce fuori campo, ricorda che a quella voce stai affidando la narrazione della tua storia. Scegli con cura anche la colonna sonora, perché la musica da sola provocherà emozioni.
Elementi grafici
Considera l’utilizzo di elementi grafici e animazioni: sottotitoli e infografiche sono un grosso supporto alla tua creatività e possono essere integrati armoniosamente al video (senza esagerare), specie per facilitare la comunicazione di informazioni e dati. “The Social Dilemma”, docu-film di Jeff Orlowski del 2020, è un ottimo esempio di combinazione di effetti grafici e filmati a scopo informativo.
Last but not least: il titolo
Infine, scegli un titolo accattivante; idealmente, dovrebbe essere qualcosa di abbastanza fedele al prodotto, ma in grado di incuriosire e rimanere impresso, in modo da creare l’aspettativa giusta affinché la tua prima visione sia un successo di pubblico.